Nelle liturgie delle domeniche di Quaresima la contemplazione del Cristo trasfigurato è un appuntamento imperdibile. Quest’anno ascolteremo il racconto nella versione del Vangelo di Luca (9,28b-36), ricco di dettagli che mettono a confronto la grande distanza tra i due fronti dei protagonisti: Gesù, Mosè ed Elia da un lato, Pietro, Giovanni e Giacomo dall’altro. Inizialmente Gesù sta con i suoi e insieme salgono sul monte Tabor per pregare. Solo che la preghiera svela sul volto di Gesù lo splendore della sua divinità; mentre i tre non sanno far altro che cedere al sonno.
La scena si ripeterà, purtroppo, nel giardino degli ulivi qualche tempo dopo; ma lì Gesù suda sangue in un terribile presagio della passione, mentre i tre ancora una volta cedono al torpore del sonno. È inevitabile per il Maestro affrontare taluni momenti cruciali della sua vita, pur così differenti, nell’assenza quasi indolente dei suoi prediletti. Meno male che la passività umana è provvidenzialmente supplita da presenze celesti: Mosè ed Elia sul Tabor, l’Angelo nel Getsemani (Lc 22,43).
Ci sono altri elementi che accomunano i due episodi. Infatti, il Tabor rimanda al Calvario, come rivela il dialogo di Gesù con Mosè ed Elia: «parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme» (Lc 9,31); e i discepoli non compresero nulla. E il giardino degli ulivi mostra il Calvario ormai prossimo; ma anche lì i discepoli restarono estranei. In entrambi i casi i loro occhi furono offuscati prima dalla gloria e poi dallo strazio.
La liturgia di questa domenica ci vuole ricordare di stare bene attenti a non cadere nella stessa situazione dei discepoli. C’è un Cristo glorioso che ci si rivela fuggevolmente in qualche esperienza sorprendente della nostra vita e noi facciamo fatica a riconoscerne i tratti. Ma c’è un Cristo dolente e straziato che è molto più presente alla nostra coscienza e che ha il volto, in questo preciso momento, dei morti e dei profughi ucraini; ed è in loro che dobbiamo riconoscere il volto sfigurato di Gesù di Nazaret per trasfigurarlo con la nostra carità fraterna, al posto di Mosè, di Elia e dell’Angelo.
Domenico, Vescovo
[QUARESIMA/1] Il deserto luogo di passaggio e di tentazione