[MESSA IN COENA DOMINI] «Viviamo questa celebrazione come apprendisti dell’amore»

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La messa vespertina della Cœna Domini dà inizio al Triduo Pasquale in cui facciamo memoria della passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo. La pericope evangelica che la Liturgia della Parola ci offre è tratta dal capitolo 13 del Quarto Vangelo. A differenza dei sinottici, qui non viene esplicitamente narrata l’ultima cena che Gesù visse con i Dodici, in cui venne istituita l’Eucarestia; ma ci viene raccontato, nel contesto di una cena, il segno simbolico della lavanda dei piedi. Episodio anticipato dal versetto 1 che fa da incipit a ciò che segue e che si conclude con un’espressione intensa e carica di significato: «fino alla fine» (Gv 13,1). Questa locuzione nella lingua greca è eis tèlos e può avere un significato temporale «fino alla fine della sua vita» oppure qualitativo «fino all’estremo delle sue possibilità».

In entrambi i casi si sottolinea che l’atto di amare di Gesù abbraccia e oltrepassa temporalmente la sua stessa vita terrena e rappresenta la sua stessa essenza, esprime quello che Lui è: Amore. Il racconto della lavanda dei piedi è segno di quell’infinito volto del medesimo amore divino verso la nostra umanità. Gesù mostra ai Dodici, e dunque a ciascuno di noi, come bisogna vivere il comandamento dell’amore: prendendoci cura gli uni degli altri. Eliminando ogni contesa, ogni forma di rivalità, di gelosia o invidia che può insinuarsi all’interno di una comunità.

Ciò che spinge Gesù a perdonare il tradimento di Giuda, quello di Pietro e l’abbandono del resto dei Dodici, tranne il discepolo Giovanni, è l’amore. La lavanda dei piedi è un gesto anticipatorio di quello che Gesù, da lì a poco, vivrà nell’orto degli ulivi. È l’amore che permette a Gesù di agire liberamente verso i suoi accogliendoli nel suo cuore, nonostante vivrà l’esperienza terrificante della solitudine nei momenti cruciali e delicati del suo epilogo. L’amore rende libero da tutto e da tutti, permette di compiere veri e propri atti di perdono e di riconciliazione. L’amore è imprevedibile ed eccede sempre oltrepassando e, come in questo caso, anticipando la sfera temporale in cui esso si manifesta. Immedesimiamoci questa sera nel racconto della lavanda dei piedi, chiedendo a Gesù che sia Lui a cingerci attorno i fianchi un grembiule e a offrici un cantino pieno di quell’acqua che Egli promise alla donna samaritana (cfr Gv 4,14), acqua che purifica, acqua che perdona, acqua che riconcilia, acqua che dona pace al cuore, acqua che disseta ogni forma di aridità.

Viviamo questa celebrazione come apprendisti dell’amore, abbiamo l’umiltà di considerarci degli iniziati all’amore vero; solo così permetteremo che sia Gesù con le sue mani a toccare e a indirizzare le nostre mani verso il fratello o la sorella che Egli ci pone accanto perché il nostro amare possa essere riflesso del suo modo di amare. Così facendo saremo introdotti nel mistero di questo Sacro Triduo che è manifestazione di quell’amore infinito che Dio Padre ha mostrato all’umanità intera nella donazione «sino alla fine» del Suo Unigenito Figlio.

don Nicola Altaserse per Condividere

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