Padre Giuseppe Scattolin, l’Islam è una religione di pace?
«É una religione complessa, che ha molti aspetti. Dipende molto dall’esegesi che si fa dei testi base di questa religione. Ci sono testi pacifici e altri un po’ duri in materia. È, certamente, un problema che molti si pongono. Anche l’Islam – come il Cristianesimo – ha avuto un periodo di guerre. Devono essere i musulmani stessi a rileggere criticamente la loro storia. Così come stiamo vivendo i fenomeni contemporanei, molti musulmani interpretano certi versetti del Corano in modo assoluto, facendo poi dell’Islam una religione violenta».
Il dialogo tra religioni è possibile?
«Certamente. Anzi è obbligatorio per reagire contro questi fenomeni di violenza. Senza dialogo non si può andare avanti. Deve essere un dialogo necessario che guardi alla realtà e non alla fantasia; ciascuna tradizione religiosa deve confessare la propria violenza e deve rifiutarla per iniziare un cammino nuovo. Questo è successo per il Cristianesimo e deve verificarsi anche per le altre religioni. E mi consenta, anche il laicismo deve fare il mea culpae confessare ciò che di violento ha generato, come ad esempio le due guerre mondiali e milioni di morti».

Quanto la conoscenza della religione musulmana può aiutare a superare diffidenze e muri nel dialogo?
«La conoscenza è necessaria. È l’ignoranza che favorisce atteggiamenti buonisti o irresponsabili. Ci vuole la conoscenza ma anche l’autoconoscenza: noi dobbiamo conoscere loro e loro devono conoscersi di più. Per evitare violenze».
L’Austria sta costruendo i pilastri, altri stati erigono barriere. E, intanto, il fenomeno delle migrazioni non si ferma. che futuro intravede?
«La migrazione è un fenomeno complesso per molte cause. Anche in questo caso occorre un richiamo alla responsabilità. Assistiamo a gente che scappa per ragioni serie e valide, come i rifugiati che vanno via dalle guerre. Se qualcuno scappa dal proprio Paese una ragione ci sarà. E i politici sono responsabili. Basta guardare a cosa sta succedendo in Siria; da 40 anni sono in Medio Oriente e mai come ora sto vedendo un pezzo di mondo così distrutto e senza pace. Sappiamo che il fenomeno delle migrazioni è nelle mani di chi le sfrutta, gente che guadagna dalla tratta, molto simile agli schiavisti di una volta. I Paesi da cui provengono devono capire, una volta per tutte, che è necessario attuare vere riforme di politiche di sviluppo. È lo sviluppo locale quello che conta. E mi stupisco come ancora in pochi sottolineano questo aspetto».
Max Firreri