Da anni, insieme ad un gruppo di giovani di Castelvetrano, è testimone di una Sicilia che può cambiare. Coraggio, determinazione, schiena dritta nonostante la sua città, Castelvetrano, è la stessa del primo latitante d’Italia, Matteo Messina Denaro. Lui è stato fondatore di “I love legalità”, un movimento che oggi mette insieme trenta giovani pronti a scendere ogni anno in piazza e gridare contro la mafia. Una settimana addietro qualcuno lo ha “avvertito” per zittirlo, tagliando seicento piante di melograno nei tre ettari di terreno in contrada Bresciana a Castelvetrano.

Vincenzo Italia, conclusi gli studi liceali, ha deciso di dedicarsi alla campagna. È diventato un imprenditore agricolo, ha messo su “terre in fiore”, un’azienda che oggi produce olio, olive e vino. tra qualche anno sarebbero arrivati anche i melograni…
E invece?
«Invece tutto è finito in una notte. Quando sono arrivato quella mattina in campagna e ho visto gli alberi recisi mi si è spento il cuore, perché investi soldi e fatica, metti impegno e passione e poi qualche balordo ti taglia le gambe. Si prova tantissima rabbia che è difficile spiegare a parole. Ma non ti arrendi, perché sennò è finita. E ora bisogna ripartire ».
Si tagliano gli alberi, simbolo della vita e se qualcuno ha visto preferisce non parlare. L’omertà, secondo lei, ha ancora il sopravvento?
«L’albero è simbolo della vita e non può parlare. E, proprio in questo vile atto nei miei confronti, ci sono coincidenze davvero strane che non escludono la matrice mafiosa. Intanto, le piantine che sono state ammucchiate sono trenta, lo stesso numero dei giovani che facciamo parte di “I love legalità”. E poi, le piantine sradicate sono appena due, i pali poggiati sul terreno altrettanto due, mentre sono stati tagliati tutti i fili della spalliera. E su tutte la coincidenza del 21 marzo: quel giorno a Castelvetrano si celebrava la giornata della memoria per le vittime della mafia. Un ulteriore elemento è necessario evidenziarlo: chi ha compiuto il vile atto è scappato in fretta e furia con la macchina, al punto tale che, in una manovra su un dosso, ha perso un’abbondante quantità di olio. Ciò lascia presumere che qualcuno li avrebbe visti e loro sarebbero scappati. Ecco, se c’è un testimone perchè non parla e aiuta gli investigatori? L’omertà c’è, eccome, ma soprattutto tra gli adulti. I giovani alcuni passi importanti li abbiamo fatti».

Signor Italia, verrà meno ora il suo impegno nel movimento da lei fondato?
«Assolutamente no. Credo di essere nel giusto. Se mi hanno attaccato mi temono. Ma soprattutto c’è chi teme il cambiamento, teme i giovani che gridano contro la mafia. I cortei da noi organizzati sono stati partecipatissimi e hanno respirato la freschezza dei giovani, dei volti sorridenti, di chi con la criminalità mafiosa non vuole avere a che fare. torneremo in piazza, nelle strade, il nostro impegno continuerà».

Castelvetrano anche città di Matteo Messina Denaro. Quanto, secondo lei, incide tutto questo nel vivere quotidiano?
«Castelvetrano è anche la mia città, così come di altri 30 mila miei concittadini. Il super latitante per me incide nulla, ma ritengo che per altri ha una funzione di equilibrio. Non si spiegherebbero altrimenti le inchieste della magistratura, gli arresti e le condanne. Lui trova largo consenso o perché nessuno paga il pizzo o perché è un pizzo pagato in maniera diversa, col silenzio e la compiacenza. Io rimarrò in Sicilia, nella mia città. E da quegli alberi recisi da vigliacchi ripartirò, chiedendo aiuto alle istituzioni e alle banche».
Nostro inviato a Castelvetrano
Max Firreri per Condividere
Foto di Flavio Leone