Il Convegno diocesano annuale, svolto nei giorni 20-21 ottobre, è stato incentrato sul tema della vita, nel contesto del Piano pastorale, con un percorso articolato in tre segmenti, suddivisi nelle tre mezze giornate dei lavori. Una novità di rilievo ha caratterizzato il Convegno sotto il profilo metodologico. Infatti, al posto delle classiche relazioni e dei poco incisivi e coinvolgenti gruppi di studio si è preferito il modulo più agile del talk show. Pur consapevoli del fatto che si trattava di una formula inedita e poco convenzionale e, per questa ragione, con qualche inevitabile incognita, si è voluta tentare questa via sperimentale proprio in ragione del tema prescelto. Infatti, invitare a parlare della vita poteva far correre il rischio di ascoltare discorsi ovvi e scontati. Ecco allora la ragione che ha spinto a sfidare l’inedito di dare voce a testimoni che nelle loro scelte esistenziali si sono misurati in taluni ambiti esperienziali nella custodia e nella cura della vita.
Nel primo tratto (“La Chiesa riceve la vita da Dio”) sono state interpellate persone che hanno testimoniato ai presenti il loro particolare legame con la vita, vissuta come sfida dell’impossibile. Particolarmente toccanti gli interventi di Steven, giovanissimo immigrato nigeriano, e di Giusy Barraco, campionessa di nuoto paralimpico. Il primo ha narrato il suo rischioso e sofferto calvario che dalla Nigeria lo ha portato in Sicilia, attraverso l’inferno libico. E questo per poter professare apertamente la sua fede cristiana. La seconda ha confidato che in forza della sua fede ha trovato nella piscina la libertà di tornare a muoversi e di sentirsi rinata a nuova vita.
La seconda tappa (“La Chiesa custodisce la vita”), particolarmente emozionante, ha proposto l’esperienza di mamme che hanno dovuto affrontare il dilemma lacerante di custodire o sopprimere una vita appena concepita e di chi alla vita ha dato ampia possibilità di sviluppo attraverso una amorosa fecondità procreativa, o un accompagnamento convinto di appoggio e di sostegno.

L’ultima tappa (“La vita contro ogni cultura di morte”) è stata dedicata a figure di rilievo che si sono distinte per la loro opposizione ferma e convinta a ogni forma di violenza, soprattutto mafiosa. È stato rievocato, perciò, il martirio, dichiarato o di fatto, di persone come Paolo Borsellino, don Pino Puglisi e Rita Atria, epilogo di una vita dedicata a combattere, fino al sacrificio di sé, la barbarie di tutte le mafiosità. In un primo consuntivo del Convegno si può senz’altro riconoscere, anche sulla base di talune reazioni a caldo, che la formula innovativa adottata non ha deluso le aspettative.
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È stato osservato, tuttavia, che proprio la nota sperimentale ha prodotto degli squilibri nelle tre sezioni del Convegno, per ragioni dipendenti da una regia non preordinata adeguatamente, dal numero e dal coinvolgimento emotivo dei testimoni e anche dalla personalità dei diversi moderatori. In ogni caso, riportare alla ribalta esempi, problematiche e drammi legati alla vita ha rinfrescato la memoria di chi non è stato contemporaneo di figure ed eventi che hanno scritto pagine memorabili della nostra storia recente.
monsignor Domenico Mogavero