Dottoressa Lasorella, dal Medioriente continuano ad arrivare notizie di guerre e morti. Ma quanto è importante parlare di pace e con quali presupposti questa si può costruire tra i popoli?
«Parlare di pace è doveroso; come se ne parlava ieri è necessario che se ne parli ancora oggi. Quella che è cambiata è la natura dei conflitti, più locali, più circoscritti; e poi ci sono le situazioni irrisolte da decenni, come il conflitto tra Israele e Palestina. Quello che, purtroppo, è tragico vedere è come la morte colpisce sempre più ampie fette di popolazione, perché le guerre si combattono tra la gente, con morti innocenti. Dunque, parlare di pace è doveroso ma le autorità preposte – come l’ex Società delle Nazioni poi diventata Onu – attendono delle riforme, definite da troppo tempo urgenti. Ecco, è proprio l’ordine mondiale che attende una rivisitazione. Deve prevalere il dialogo e ci debbono essere le condizioni perché questo avvenga».

L’italia sta soffrendo su più livelli, prima fra tutti quello economico e occupazionale. Qual è il suo punto di vista in questo clima di crisi?
«Abbiamo vissuto e continuiamo a vivere questo periodo disastroso dal 2007, quando la bolla finanziaria ha dato il segno tangibile della fine del modello capitalistico. Di contro non si sta, invece, ragionando su nuovi modelli. In Italia, a differenza di altre nazioni d’Europa che hanno vissuto la crisi ma stanno pure vivendo la ricrescita, si sono spese risorse non tanto per creare infrastrutture – come hanno fatto la Spagna e la Francia – quanto per subire il costo più alto che è quello della corruzione. Il nostro sistema negli ultimi 20 anni si è profondamente corrotto e questo ha riguardato la pubblica amministrazione ma anche le relazioni. È necessaria una rifondazione: dovremmo ritrovare le chiavi per una rinascita etica e culturale. Il nostro è un Paese che è diventato terribilmente ignorante. Noi siamo circondati dalla bellezza, che purtroppo non è riconosciuta; e questo vuol dire che siamo messi davvero male. Sono preoccupata e, confesso, anche perplessa».

Il mestiere del giornalista, la rete e la crisi dei grandi giornali. Come è cambiato il mondo dell’informazione?
«La rete ha messo in discussione un modello, quello del giornalista. All’avvento della rete e del web l’Italia è arrivata impreparata, nonostante il processo sia iniziato nel mondo venticinque anni addietro. Basta dire soltanto che il nostro Paese è al penultimo posto. Non direi che i giornali hanno smesso il loro ruolo d’informazione, ma che è nato un modello nuovo, imposto dall’avvento della rete. Nell’ambiente digitale che oggi viviamo tutto è basato sulle news, trasmesse in tempo reale e, quindi, la comunicazione è più articolata, fatta di suoni, immagini, approfondimenti. Tv e giornali hanno, dunque, un ruolo diverso. Basta vedere cosa sta succedendo in America, dove i giornali sono diventati la sede autorevole nella quale si discute, si ragiona, si commentano le notizie. Queste da sole servono a poco, perché bisogna approfondirle, analizzarle. In un mondo bombardato da video, spesso fuori controllo, la tv ha il suo ruolo autorevole, ha la sua funzione di verifica, di approfondimento, di testimonianza. Pensare che la tv possa entrare in competizione col web è sbagliatissimo».

Quanto è importante ancora il ruolo dell’operatore dell’informazione?
«Nel mestiere del giornalista c’è tanta manualità. Questo è un mestiere individuale dove fa la differenza la qualità della persona. Bisogna essere onesti, è questo è un punto chiave ma non è sempre ricorrente. Questo mestiere si fa coi piedi, perché si cammina tanto. Il web può darti supporto, ti aiuta. Ma fare il giornalista non significa avere uno smartphone o la giacca blu o, ancora, il potente di turno alle spalle. Il giornalista il potente di turno deve incontrarlo di fronte per porgli delle domande ».
Max Firreri
CHI E’ CARMEN LASORELLA
Carmen Lasorella è una giornalista professionista. Nata a Matera, i suoi inizi avvengono a Il Globo, quotidiano di politica, economia e cultura e alle agenzie Radiocor e Ansa. Nel 1987 è stata assunta in Rai, dopo aver iniziato nel 1979 occupandosi prevalentemente di economia e informazione politica. Ha condotto per anni il Tg2, la testata giornalistica per la quale è stata pure inviata di guerra, sopravvivendo anche a un tragico agguato in Somalia nel 1995 nel quale rimane ucciso Marcello Palmisano. Dall’agosto 1999 al luglio 2003 è stata responsabile e corrispondente della sede Rai di Berlino, con competenza sui paesi dell’Europa dell’Est. Dal 24 aprile 2013 è presidente di RaiNet.