[LA MISSIONE] Nell’isola degli sbarchi l’esempio della prossimità umana

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Dal 6 al 9 febbraio scorso, in­sieme, come Direttori e membri delle Commissioni diocesane per le migrazioni, guidati dal vescovo delegato Cesi monsignor Corrado Lorefice e dal coordinatore re­gionale Santino Tornesi, siamo stati sul­l’isola di Lampedusa nel segno della condivisione e della fede che sostiene la speranza che da quest’isola si alza come testimonianza forte e incancellabile di carità concreta, di accoglienza evange­lica. In quei giorni siamo stati raggiunti da narrazioni di grande umanità, fede e coraggio: ascoltare gli uomini e le donne della Guardia di finanza e della Guardia costiera che escono in mare, in qualsiasi condizione esso sia, per portare in salvo vite umane; ascoltare lampedusani che ci hanno ricordato i momenti più difficili degli sbarchi di migranti nel 2011, il ter­ribile naufragio del 3 ottobre 2013 e nel 2023 con tutto ciò che la forza e il corag­gio di una comunità cristiana ha messo in atto; ascoltare i parroci chiamati a farsi strumenti del Vangelo, a essere fra­telli compassionevoli.

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E ancora: ascol­tare la storia di uomini e donne che hanno fatto propria la sofferenza di tanti fratelli e sorelle venuti dal mare così come Cristo si è fatto carico delle soffe­renze dell’umanità. Uomini e donne che non hanno esitato a mettere al centro i più fragili, persone alle quali i nostri si­stemi governativi europei negano il di­ritto a una migrazione sicura. È stato per tutti noi molto intenso e commovente ascoltare le nostre viscere che si contor­cevano mentre ascoltavamo narrazioni di vita e di morte, di salvati, di impotenza e di forza, di autentica umanità e di di­fesa della dignità umana. Oggi a Lampe­dusa l’accoglienza delle persone che fuggono dai loro Paesi d’origine per gravi motivi, è militarizzata e controllata: dal molo Favaloro i migranti vengono con­dotti all’hotspot. Abbiamo incontrato al­cuni membri del Forum Lampedusa Solidale e le suore che sono presenti nel­l’isola dal 2019 con il progetto dell’Uisg (Unione internazionale delle superiore generali). Più volte suor Angela si è com­mossa e non è riuscita a trattenere le la­crime nel raccontare gli arrivi delle persone soccorse in mare, i drammi che portano dentro, segnati nel loro corpo da ferite, torture, paura, dolore. Tutto que­sto è accaduto e continua ad accadere sotto gli occhi di tutti, nell’indifferenza di molti Paesi e anche dell’Italia.

La malat­tia che ci colpisce in questo tempo è, come ha detto più volte Papa Francesco, la globalizzazione dell’indifferenza che sceglie sempre più come centro del pro­prio essere il potere e non l’uomo. Sul­l’isola c’è chi opera per creare percorsi formativi nelle scuole di ogni ordine e grado incontrando gli studenti grazie al progetto “Il viaggio della vita” sostenuto dalla Fondazione Migrantes. Un gruppo di giovani formati sui temi delle migra­zioni entrano nelle scuole e con testi­moni, esperienze e narrazioni trattano il tema del viaggio e dell’interculturalità. Gli alunni del Liceo scientifico “E. Majo­rana” hanno fatto un excursus storico e geografico dell’isola che ci ha aiutato a comprendere meglio le origini e la bel­lezza di questa terra: un crocevia di po­poli, culture e religioni che qui vi hanno trovato riparo e alcuni hanno deciso di rimanerci. La prossimità che ci ha inse­gnato il popolo di quest’isola dobbiamo portarla nelle nostre Chiese del Mediter­raneo attraverso questo segno dei tempi che è la mobilità umana, segno di spe­ranza e non di paura e di invasione. Non possiamo permettere che le migrazioni continuino a essere presentate come un’emergenza, un problema o una que­stione politica. Dobbiamo lasciarci in­contrare da Cristo nella carne di queste persone. Se le rifiutiamo, se le respin­giamo o le rinchiudiamo stiamo negando e rifiutando Dio.

Suor Alessandra Martin
Direttrice Ufficio diocesano per le migrazioni e la mobilità umana

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