Non è mai facile raccontarsi, specialmente quando questo significa guardare in faccia l’esperienza di un sogno che si realizza e che ha il volto di ogni persona della mia comunità parrocchiale di Gibellina. Sono don Marco Laudicina, presbitero da quattro anni: esattamente dal 14 aprile del 2018. Sono anni in cui ho gustato con dolcezza le primizie del mio ministero presbiterale e dove il Signore mi ha fatto dono di essere prima vicario parrocchiale e poi parroco della parrocchia san Nicolò di Bari in Gibellina dal 2019.
Fin dal mio arrivo in città, sono rimasto, innanzitutto, conquistato dalla particolarità architettonico – artistica del paese con i suoi monumenti, le strade, le piazze, i musei, il grande Cretto di Burri, la chiesa madre di Ludovico Quaroni e le mille altre cose che rendono Gibellina unica al mondo per la sua originale bellezza. E poi gli eventi culturali e artistici promossi dalla Fondazione Orestiadi, le tradizioni, i sorrisi e i ricordi dolorosi del sisma del ’68 che ha spazzato via per sempre una città intera, seppellendo storia e vite umane sotto le macerie. La nuova Gibellina nasce dal desiderio di rinascita e di rivincita, il cui interprete principale è stato l’indimenticato sindaco Ludovico Corrao. L’uomo che ha fatto la storia della città, anzi, che ha ridato dignità a una storia tranciata dal terremoto e ricucita con il suo geniale impegno col filo dell’arte e della bellezza.
Spesso mi affaccio dal sagrato della chiesa madre e mi perdo tra il panorama conteso tra la città, con le sue case e i monumenti artistici, e le colline all’orizzonte e cerco tra i miei pensieri i volti e gli occhi dei miei parrocchiani. Sono loro che fanno grande questo paese e danno linfa vitale al mio ministero di parroco. Mi fanno sentire un sacerdote amato, come in una grande famiglia: questo è per me essere pastore di questa piccola porzione di Chiesa. Quando qualcuno mi dice: «Ma non ti senti solo, lontano da casa, in un comune dove sei l’unico sacerdote?». Io rispondo: «Mai sentito solo». Ed è vero. La comunità che un parroco è chiamato a guidare è essa stessa guida e sostegno per il parroco. Questa è l’esperienza che sto vivendo io. Adesso vi chiederete: «Ma cosa ci sarà di tanto speciale in questa parrocchia?». Vi rispondo subito: «Nulla di speciale, perché è una comunità fatta di semplicità, di pregi e di difetti. Una comunità in cammino».
Ma ciò che rende speciale è la fede nel Signore Gesù. Una fede che vedo granitica in tanti anziani, di unione nelle famiglie, in ricerca nei giovani. Il Covid ha più volte interrotto la vivacità di questa parrocchia, ma voglio menzionare la sua mul t i formi tà con le sue diverse congregazioni, il consiglio pastorale, Caritas, catechismo, Azione Cattolica, gruppo famiglie, gruppo giovani, ministri straordinari, coro, gruppo scout Agesci, gruppo di preghiera del Rinnovamento nello Spirito, gruppo di preghiera di san Pio e tutto il popolo di Dio. Sono pochi anni di ministero parrocchiale, ma intensi e felici: si, felici! Grazie al buon Dio e a tutto ciò che finora mi ha arricchito d’amore in questa parrocchia. Ripenso a tutte le attività svolte con i ragazzi, i bambini, le celebrazioni liturgiche, le visite agli ammalati, e le serate trascorse tra riunioni e incontri. Ecco questa è per me la felicità di un sacerdote: fatica e amore dato e avuto.
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