[GREEN PASS E LOTTA AL COVID] La relazione comunitaria come salvezza

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Scrivere di vacanza in tempo sospeso come quello del Covid è quantomeno simpatico. Prima della pandemia la paura era: è ora che inizia l’estate andranno tutti a mare e le nostre Chiese si svuoteranno? Ma ora ci si chiede: quando il green pass diventerà obbligatorio sarà necessario anche per entrare in Chiesa e partecipare alle celebrazioni? La gestione della convivenza in tempo di Covid ci sta mettendo tutti a dura prova. Bisogna vivere e attraversare questa prova. La speranza fondata solo su un anno di memoria che il contagio diminuisse con la calura estiva è stata spazzata via dalla variante Delta del virus che sta facendo riaumentare i contagi. E il dibattito oggi è tutto concentrato sui vaccini. Non intendo qui esprimere un parere o un’opinione che pretenda di essere la voce unica di equilibrio e di giustizia.

Piuttosto qui intendo assumere il dibattito duplice nella sua profondità. Ovvero quando si discute di green pass e di vaccini la vera domanda è “che cosa è comunitario, e che cosa è personale?”. La libertà si trova al confine di questa tensione binaria, comunitaria e personale, che non può essere né dissolta né risolta a colpi di decreti o di proteste. In gioco c’è la tensione tra libertà di coscienza e le scelte comunitarie, quelle che riguardano tutti. In questa difficile ma salvifica tensione perché il discorso resti umano, anche quello politico e democratico, va posta una nuova tensione dimenticata in Occidente: la tensione tra l’io e il noi, tra libertà di coscienza della fede e testimonianza e scelte comunitarie della fede. Mai come in questa estate abbiamo l’occasione favorevole per fare della fede un’opera comunitaria e non semplicemente una scelta personale. Il dibattito deve trovarci protagonisti, forse non unanimi, non delle stesse opinioni, ma pronti a intervenire, a discutere, a condividere, a rispettarci, a fare delle scelte testimoniali, forse profetiche, certamente coraggiose. Pagine nuove sui matrimoni, sulle cresime, sui battesimi, sulle feste di paese, cioè sulle celebrazioni popolari, dove non vengono solo gli impegnati ma tutti, magari solo per tradizione o per abitudine o per cultura ad aprire discorsi e riflessioni ed esperienze di autentica accoglienza, di vera vicinanza, di fraternità relazionale, cioè a offrire esperienze di comunità.

Perciò dobbiamo tenerci sempre pronti a gestire nel tempo sospeso del Covid l’inevitabile provvisorietà decisionale con i conseguenti dibattiti. È paradossale che, in un tempo sospeso in cui il sintagma è la salvezza come distanziamento sociale, la fede testimoniale, invece, diventa profezia che la salvezza è opera relazionale, comunitaria e non individuale. Come porre in relazione di salvezza il personale e il comunitario diventa per la fede, ma credo non solo, un percorso di formazione e di crescita, dove le regole, ovvero le scelte, le prudenze, ma anche le vicinanze, le prossimità, la solidarietà, la condivisione, diventano semplicemente uno stile di vita secondo il Vangelo. Quando si discuterà di green pass per entrare in Chiesa spero che a decidere non sarà solo il sintagma mondano della salvezza individuale, ma a orientare il discernimento sarà l’opera di salvezza comunitaria e comunionale di cui nelle celebrazioni facciamo esperienza come grazia.

don Vito Impellizzeri per Condividere

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