Anno della Fede/5: Credere senza vedere il vuoto che cerca pienezza

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Il Vangelo di Giovanni racconta che al mattino di Pasqua Maria di Magdala tornò sconvolta dal sepolcro perché lo trovò aperto e due discepoli, Pietro e «l’altro discepolo», corsero a verificare quanto la donna raccontava, ed entrati nel sepolcro il discepolo «vide e credette» (Gv 20,8). Sembra che qui l’evangelista ci presenti una sequenza per lui insolita, che fa precedere il vedere sul credere. Non così aveva raccontato l’esperienza di fede di Marta, a cui è chiesto di credere per poter vedere la gloria di Dio (cfr Gv 11,40), e il Risorto proclamerà la beatitudine di chi crede senza vedere (cfr Gv 20,28). Tuttavia ciò che il discepolo vede non è risolutivo per il credere, anzi quasi vi si oppone. Infatti vede i teli e il sudario, cioè i segni che certificano la morte e sepoltura del Maestro, e nulla più. Ciò che vede è l’assenza. A partire da quel vuoto egli crede. Dunque il suo vedere è il vedere della fede che sa cogliere l’assenza non come mero vuoto ma come il segno di un passaggio, un’orma di uno che è andato oltre.

La fede si affida sempre a un Dio inafferrabile, che nella memoria del passato, in cui ha mostrato la sua potenza di salvezza, annuncia un futuro verso cui proietta coloro che si gettano sulle sue tracce. Per questo a credere è il discepolo senza nome, quel discepolo che è l’essenza di ogni discepolato. Qui egli ricomincia a seguire, a partire da quel vuoto che cerca pienezza, possibile solo nell’incontro sempre a venire con Colui che era morto. E la lettura contestuale del vangelo giovanneo ci fa identificare questo “altro discepolo” con colui che il testo altrove definisce “il discepolo amato”. È solo colui che si sa amato che può cogliere i segni dell’assenza come appello forte all’incontro e alla sequela. Solo nell’esperienza dell’esser già stato sicuramente amato, e amato fino alla fine, è possibile porre l’atto di fede in colui che sembra svanire. Per questo il racconto giovanneo fa ricomparire all’improvviso Maddalena, icona della sposa del Cantico che insegue le orme dell’amato, chiedendo dove riposa (cfr Gv 20, 11; Ct 1,7s.). Ella troverà l’Amato senza poterlo però trattenere (cfr Gv 20,17), solo dopo che si è chinata verso il sepolcro per vedere i due messaggeri «seduti uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù» (Gv 20,12), cioè coloro che annunciano e delimitano l’assenza, il vuoto. Sprofondata in quel vuoto abissale incontrerà.

Don Marco Renda

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